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Paris Roubaix 2018

Paris Roubaix 2018

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Roubaix! Basterebbero queste sette lettere: R, O, U, B, A, I, X. Basterebbe il suono armonioso di quel doppio dittongo, quella X finale che non si pronuncia, è muta, ma può assumere vari significati, come la fine, la sofferenza oppure la pazzia! Roubaix è decisamente la mia gara dove posso far valere il mio peso massimo, Roubaix è un sogno che si avvera, Roubaix è Roubaix!

Roubaix è una città e per di più è una città abbastanza di merda, diciamocelo. Incastonata in un agglomerato urbano che comprende Lille, Tourcoing più Mouscron al di là del confine con il Belgio. Non certamente un posto dove viene la voglia di venire a vivere, ecco!

Città industriale, città di confine, città dove nel lontano 1895 due filatori lungimiranti che rispondono al nome di Theodore e Maurice decisero che bisognava costruire qualcosa. E quel qualcosa era un velodromo!

Che uno dice, ma che idea gli è venuta a questi due più di cent’anni fa. Già mi immagino le critiche, ma chi poteva immaginare quello che sarebbe diventato quel luogo?

Insomma costruiscono questo anello di cemento, ma non si accontentano qui. L’anno successivo hanno anche la brillante idea di creare una gara con partenza dalla capitale e arrivo nel nuovo velodromo.

Ovviamente le strade dell’epoca sono quelle che sono e nel nord della Francia andava di moda mettere dei cubi di porfido pressochè a caso nel terreno. Forse erano strade che avevano costruito addirittura gli antichi romani, forse i Galli o magari popolazioni teutoniche in espolorazione delle terre più occidentali.

Sta di fatto che queste pietre diventano il simbolo di questa corsa e ancora oggi sono le vere protagoniste!

Arrivano i conflitti mondiali, la Roubaix si corre vicino a uno dei confini più contesi e la zona viene devastata da sanguinose battaglie. Si narra che passando da queste parti sembrasse di stare all’inferno e per questo la Roubaix diventa famosa anche come L’Enfer du Nord!

Passano gli anni, le strade vengono asfaltate, la partenza si sposta prima a Chantilly, poi a Compiègne, mentre la traccia si muove verso est alla ricerca di nuovi settori di pavè.

Nel 1958 fa così la sua presenza il Carrefour de l’Arbre e dieci anni più tardi ecco che entra nel percorso la Foresta, la Trouée d’Arenberg, prende forma la Roubaix come la conosciamo oggi.

Cyclingtips ha ripercorso in un interessante articolo i momenti entrati nella storia, anche We Love Cycling ha raccolto delle iconiche immagini di Roubaix del passato, poi però tutti noi abbiamo la nostra personalissima storia con questa Classica.

Ad esempio, il mio primo ricordo della Roubaix è quella di Ballerini del 1998, l’avevo vista in televisione e forse ancora non capivo.

Poi l’anno successivo, Tafi che vince con il tricolore e quella di Knaven del 2001 in cui ero contentissimo, mi stava simpatico Servais.

Il fascino per il Nord torna poi con prepotenza durante la rivalità tra Cancellara e Boonen e da lì non va più via.

Sviluppo negli anni un’attrazione pazzesca per questa corsa e comincia a entrarmi in testa il sogno di andare a farla per davvero.

Quest’anno quel sogno si è avverato, ho fatto la Roubaix!

Dalla Pianura Padana quella che si è mossa verso il Nord Pas de Calais è una delegazione mista del Trittico.

Pops sono i più numerosi, ovviamente c’è Daniele, aka il Cap, poi Eugenio, Wimpi, Rafa, Nico, Waffo e Ezio, per i Cicloidi c’è la coppia inedita Vitto e Pasquale e infine il sottoscritto in rappresentanza del Martesana Van Vlaanderen.

Il programma prevede che Cap, Vitto e Pasquale arrivino a Inzago mercoledì sera, cena (thanks Maddi) e qualche ora di sonno per poi viaggiare nella giornata di giovedi.

Nelle dodici ore di auto la colonna sonora è gentilmente offerta dall’iPod del Cap e l’apice di ignoranza viene raggiunto sulle note di Lugano Addio di Ivan Graziani. Per riprenderci decidiamo quindi di bere strane bevande al gusto di Mars e Snickers.

Decliniamo qualsiasi commento su questi temi e proseguiamo fino a Roubaix, birretta insieme al padrone di casa (che pareva giù ubriaco alle 18:00) e poi cena in centro a Lille con gli altri Pops.

Strade di campagna, vento, cielo terso, prati verdissimi, navigatore impostato su Champin-en-Pévèle, piccolo villaggio agricolo che diventa famoso qualche giorno all’anno.

Girovaghiamo per queste stradine, ci sono tantissimi ciclisti, c’è aria di primavera ed ecco che l’asfalto tutto d’un tratto lascia il posto alle pietre. Sono emozionato, sono sul pavé della Roubaix, il pavé del Carrefour!

Difficile descrivere la sensazione provata, mi sento un po’ coglione per quanto sono esaltato, poi attacchi le pietre e comincia a ballare tutto, mani, braccia, cosce, polpacci, faccia, tutto, pazzesco!

Da una parte ti spaventa al pensiero che il giorno dopo devi fare 50 km su ste robe, dall’altra però ti carica a mille.

In fondo al settore ci sono i pullman delle squadre che sono in ricognizione, passa Van Avermaet e poi arriva lui, il diavolo, il custode dell’inferno, il mitico Didi, impossibile non scattare una foto con lui, numero uno!

Dopo un Kebab (scopriremo soltato dopo che Pasquale aveva stipulato un accordo economico con tutti i kebabbari di Roubaix), alle 14:00 siamo di nuovo al velodromo, ritiro pettorali e poi via verso la stazione, dobbiamo prendere il treno per Compiegne.

Il viaggio è interrotto da uno stop volante ad Amiens, Pasquale deve riparare un raggio della ruota posteriore rimasto vittima del Carrefour.

Questo si aggiunge alla ben più grave rottura del telaio di Eugenio che quindi si vede costretto a ripiegare con una bici di scorta per la versione regolare della Roubaix Challenge, quella da 172 Km.

Ebbene si, perdiamo un uomo per l’impresa!

Perchè anche noi siamo iscritti alla 172 Km, ma abbiamo avuto la brillante idea di aggiungere il tratto iniziale da Compiegne a Busigny così da fare tutta la Roubaix come i pro, 260 km e passa!

Insieme a Vitto e Pasquale arriviamo a Compiegne verso le 19:30, Cap e Wimpi ci raggiungono un’oretta dopo con il treno successivo, cena gourmet in albergo e poi tutti in camera, la sveglia domani suona alle 03:30!

Prima di mettersi a letto preparo la borsa sottosella, crema sul patello, numero attaccato alla maglia, sono il numero 7332, è la prima volta che attacco un pettorale e fa un certo effetto.

La sveglia suona alle 03:30 e subito il pensiero va a chi cazzo ce l’ha fatto fare? Noi stessi, bene!

Buttarsi giù dal letto con meno di quattro ore di sonno è già una mezza impresa, degli zombie si aggirano per la camera, Cap si presenta con lo spazzolino in corridoio, qualcuno mangia un biscotto, qualcuno la fetta biscottata con la marmellata, qualcuno bestemmia, qualcuno fa la cacca, “per partire più leggero”, così dice.

Insomma, contro ogni pronostico alle 04:30 circa siamo finalmente in sella sui nostri mezzi!

La squadra ha scelto diverse soluzioni, ognuno secondo quello che aveva e secondo le proprie preferenze.

Il Cap pedala sulla sua Ridley con copertoni da 28 mm, Wimpi ha noleggiato la bici a Roubaix, una Giant sempre con copertoni da 28 mm, Pasquale ha optato per la bici da ciclocross in carbonio con tubolari sempre da 28 mm.

Io e Vitto siamo un po’ fuori dal coro visto che entrambi siamo con la nuova Fabrica in acciaio!

Per Vitto il modello CX, rapporto 1×11 con 44 davanti, 11-36 dietro e copertoni da 35 mm.

Per me il modello All-Road, copertoni da 35 mm, 42 denti davanti e undici velocità 10-42 dietro. Bisogna dirlo, due mezzi che sembrano fatti apposta per la Roubaix!

Compiegne è silenziosa, non fa freddissimo, il numero è attaccato, l’adesivo anche, siamo pronti, si parte, inizia la nostra Roubaix!

La prima parte fino a Busigny (dove parte il Challenge ufficiale) è una rottura di palle totale! Lo sapevamo, l’avevamo messo in conto che a livello di divertimento non avrebbe aggiunto nulla, ma pedalare su quei drittoni infiniti su e giù per le colline è stata dura, almeno finchè non è sorto il sole.

Siamo abbastanza in stato comatoso, all’improvviso una boulangerie, stop obbligato per ricordarci chi siamo e cosa stiamo facendo. Un panino alle uvette e poi via.

Arriviamo a Busigny dopo 92 Km e poco prima delle 09:00, praticamente siamo tra gli ultimi a partire, bene ragazzi, ora si comincia a fare sul serio!

Via i gambali, via la giacchetta, il sole è già alto, temperatura perfetta per pedalare, tra dieci chilometri c’è da affrontare il primo settore, c’è eccitazione nell’aria, si percepisce.

Dalle strade statali dritte e anonime si passa a strade secondarie strette e tortuose, strade tipicamente di campagna.

Passiamo sotto alle pale eoliche di Troisvilles e ci accorgiamo che il vento oggi sembra volerci dare una mano.

Visto quello che ci aspetta, una botta di culo non indifferente!

Ci mischiamo un po’ con gli altri gruppi ed ecco il primo settore, Troisville à Inchy e si attacca subito a cannone!

La sera prima tutti che parlavamo di come affrontare il pavè, come tenere le mani, il culo, presa alta, presa bassa, menare sempre e comunque.

Parole, parole, parole, poi quando cominciano le pietre butti tutto nel cesso e pedali e basta, metti le mani dove meglio credi e continui a pedalare, a menare, a soffrire!

La cosa simpatica dei primi settori è che alcuni sono in salita e altri in discesa e dopo nemmeno un centinaio di metri di pavè vedi gente ferma che ha bucato, borracce per terra, una tragedia.

Imbocchiamo il settore Viesly à Biastre e poi quello di Saint-Python, ci ricompattiamo e poi a tutta per il primo settore da quattro stelle, il primo cronometrato del challenge.

Si tratta del settore 26 Fontaine-au-Tertre à Quiévy e fa male, lunghissimo, infinito, due rettilinei in mezzo ai campi per quasi quattro chilometri da fare tutto d’un fiato.

Ormai l’adrenalina è in circolo, ci stiamo prendendo gusto, ma sappiamo bene che il bello deve ancora arrivare!

Nei venti chilometri successivi ci attende una bella sequenza di settori, sono tutti da due o tre stelle, presi singolarmente sono anche brevi, ma sono ravvicinati e in totale sono ben otto chilometri. 

Si parte con Saint-Hilaire à Saint-Vaas, poi Saulzoir à Verchain-Maugré, pausa al ristoro e poi ancora Verchain-Maugré à QuérénaingQuérénaing à Maing e infine Maing à Monchaux-sur-Ecaillon.

Una decina di chilometri di riposo e poi il tratto di Wallers da quattro stelle ci riporta alla realtà e ci catapulta nuovamente all’inferno.

Mancano esattamente 100 chilometri all’arrivo, siamo al settore 19, cinque stelle, ragazzi è giunta l’ora della Trouée d’Arenberg!

L’emozione è alle stelle, siamo tutti esaltati e sul falsopiano in discesa che immette nel settore cerchiamo di immaginare in corsa a che velocità si prende, dev’essere pazzesco!

Purtroppo i primi 500 metri, quelli più sconnessi, non li possiamo percorrere, l’organizzazione ha bruciato l’erba tra le pietre e non ci fanno passare per evitare di sporcare il pavè.

Poco male, dei 2400 metri di foresta ne percorriamo circa 1900, ma sono 1900 metri di puro godimento!

Finite le transenne mi fermo per far partire la GoPro che ho montato sul manubrio, lascio passare qualche gruppetto per avere strada libera, attacco il pedale e comincio a menare.

La fatica sparisce, l’adrenalina è a mille e metro dopo metro supero tutti i quelli che ho lasciato passare, sono in grinta, cazzo se ci sono, non ce n’è, qui nella Foresta ho capito una cosa, la Roubaix è la mia gara!

La Foresta ti carica di brutto, abbiamo più di 170 chilometri nelle gambe, ma si continua con un bel ritmo, i settori cominciano a diventare davvero impegnativi, un po’ perchè sono più sconnessi, un po’ perchè soprattutto le braccia cominciano ad accusare tutti i colpi.

Subito dopo Arenberg tocca infatti al difficile settore di Wallers à Hélesmes, meglio conosciuto come Pont Gibus, l’unico settore in cui mi sono fermato, dovevo fare questa foto, mi ha sempre colpito questo passaggio!

A breve distanza ecco che arriva il settore più lungo di tutta la Roubaix, quello di Hornaing a fianco dell’omonima centrale.

Questo è tostissimo, molto lungo, 3700 metri e senza possibilità di vie di fuga ai bordi della strada, le buche scavate dall’acqua e dal fango nei giorni precedenti in alcuni punti sono quasi peggio del pavè.

La cosa bella di questo settore sono gli spettatori a bordo strada, camper parcheggiato nel campo arato, seduti sulla sdraio ad applaudire tutti, bambini che ti incitano e battono le mani, allez allez allez, è fantastico!

Settore lungo significa che una volta sull’asfalto bisogna aspettarsi, sul pavè ognuno va al proprio ritmo, Vitto ha qualche problema di vesciche, Pasquale decide di sgonfiare un po’ i tubolari, Cap e Wimpi invece sembrano a loro agio, mentre io ormai credo di aver sviluppato una sorta di simbiosi con le pietre. Altri due settori ravvicinati e abbastanza lunghi (Warlaing à Brillon e Tilloy à Sars-et-Rosières) e c’è il secondo ristoro.

Ci voleva proprio una pausa: due waffle, due tortine, qualche caramella, mezza banana, acqua, sali, caramelle, uvetta e una barretta da tenere in tasca.

Ne approfittiamo anche per medicare le vesciche di Vitto, l’eroe indiscusso di giornata!

Si riparte, manca ancora un sacco di strada e tantissimi chilometri di pavè. Poche centinaia di metri dopo il ristoro si imbocca a gran velocità il settore 14 di Beuvry-la-forêt à Orchies e subito dopo quello di Orchies, entrambi tre stelle.

Le stelle ormai contano poco, siamo a quota 205 chilometri e ogni pietra diventa un macigno, ogni settore un mezzo calvario.

Quattro stelle per il settore di Auchy-lez-Orchies à Bersée e poco dopo il secondo settore da cinque stelle, tre chilometri netti, siamo a Mons-en-Pévèle!

Si entra sul pavè con una curva ad angolo retto a sinistra e il vento che soffiava lateralmente, ma in direzione leggermente favorevole, diventa vento contrario!

Un chilometro col vento in faccia, curva a gomito a destra e per quasi un altro chilometro il vento torna favorevole.

La strada ha la tipica conformazione a gobba d’asino, ma qui sembra più accentuato che in alti settori, buche che spuntano all’improvviso, fottuto Mons-en-Pévèle!

Di nuovo a sinistra, di nuovo vento in faccia, Vitto si incaglia e si ribalta nel campo, niente di grave per fortuna e usciamo (quasi) indenni anche da questo inferno, dai cazzo!

I 700 metri del settore 10 Mérignies à Avelin e il chilometro e mezzo scarso di Pont-Thibault à Ennevelin scorrono via senza grossi problemi e finalmente arriviamo all’ultimo ristoro.

Qui diamo il meglio di noi stessi arraffando di tutto senza ritegno, ho una fame devastante, mangio le arance più buone di tutta la Francia, una quantità di caramelle gommose che manco uno stabilimento della Haribo, salatini a non finire, di waffle e barrette ho perso il conto, fame, fame, fame! Stiamo fermi un bel quarto d’ora abbondante, quello che poi sarà fatale, ma onestamente ci voleva tutto!

Non c’è nemmeno il tempo di capire di essere ripartiti che ecco il settore Templeuve – Moulin-de-Vertain, breve, veloce, facile, non come i successivi Cysoing à Bourghelles e Bourghelles à Wannehain che con le lore tre stelle fungono da antipasto a qualcosa di ancora più duro!

Il Garmin segna 246 chilometri e siamo partiti da quasi dodici ore e mezza, davanti a noi il settore numero 5, quattro stelle, siamo a Camphin-en-Pévèle. Sembra quasi di essere su una barca, sballottati a destra e sinistra dalle onde che in realtà sono pietre, al timone c’è Caronte, stiamo remando sempre più verso l’inferno vero e proprio!

Dopo Camphin-en-Pévèle infatti c’è lui, il maledetto, l’odiato, l’amato, il fottuto, il bello e dannato Carrefour de l’Arbre!

L’emozione è davvero tanta, la stanchezza e il mal di braccia sta per avere la meglio, le gambe però ci sono e bisogna dare tutto, devo uscire dal Carrefour senza più un briciolo di energia.

Presa alta, culo leggermente rialzato, le gambe iniziano a girare, 23 km/h, Vitto se ne va come se fosse resuscitato da un momento all’altro, 22 km/h, la velocità comincia a calare, vedo il Cap allontanarsi, 21 km/h, spingi cazzo, spingi!

Arrivo alla famosa curva a sinistra, secca, decisa, cerco di non smettere di pedalare per non perdere velocità, ma ci pensa il vento, 19 km/h, tieni duro che lo striscione è la avanti, dolore, l’orologio al polso ha aperto tre vesciche, le dita non le sento quasi più, stringo i denti, sono fuori. Porca di quella puttana!

Il bello è che finito il Carrefour si attraversa la strada e comincia subito il settore di Gruson, manco il tempo di capire dove sei.

Qui lo ammetto, per più di metà settore sono rimasto sul brecciolino ai lati, dovevo riprendermi, poi l’orgoglio mi ha fatto balzare sulle pietre! Alla Roubaix non ci si può riposare, alla Roubaix bisogna farsi male.

Fuori da Gruson ci ricompattiamo, guardiamo l’ora e sono le 17:45, il velodromo chiude alle 18:00, mancano 10 km e soltanto il settore di Willems à Hem, bisogna spingere a tutta!

I chilometri sul groppone ormai sono 260, le gambe sembrano stare anche decentemente e Vitto si mette in testa a tirare, io succhio la ruota senza pudore, perdiamo gli altri a qualche incrocio, poi sbagliamo strada, torniamo in traccia e li riprendiamo sul rettilineo verso il velodromo.

L’ultimo settore dei professionisti appena prima dell’ingresso in pista non si fa, curva a destra, già mi sogno il giro di gloria, ma purtroppo non siamo in Italia, sono le 18:09 e non ci fanno più entrare.

C’è un po’ di amarezza per questa beffa, tutta questa fatica e non ci fanno fare il giro nel velodromo!

Però alla fine chi cazzo se ne frega, abbiamo fatto la Roubaix e non sarà un giro in pista a toglierci questa gioia.

Scendo dalla bici, sono sfinito! Ci mettiamo tutti un po’ a realizzare che è fatta, le braccia quasi tremano ancora e di colpo salta fuori tutta la stanchezza.

Passa qualche minuto, cerco di riavvolgere il nastro della giornata e realizzo che ho fatto una cosa fighissima, una cosa che sognavo da anni, 270 chilometri insieme a dei mitici compagni di avventura, più di 50 chilometri su quel pavè che tanto mi piace.

Ho domato le pietre di Arenberg e del Carrefour, mi sono divertito, ho sofferto, ho goduto, mi sono emozionato come un cretino per 28 volte, una per ogni settore di pavè, ho vinto la mia personalissima Roubaix!

febbre da roubaix

Una compagnia perfetta, una squadra super, condivisione totale della sofferenza e un grazie soprattutto a Pasquale, Daniele e Vitto per aver condiviso dall’inizio alla fine questa mitica avventura!

In particolare, spero che Vitto abbia gradito il regalo che gli abbiamo fatto io e Daniele, ha sofferto parecchio per tre quarti del percorso, dopodichè si è scatenato e ci ha dato il pagone dimostrandosi un gregario che difficilmente si può lasciare a casa nelle occasioni importanti.

Una volta tornato a casa capisci che quelle pietre ti hanno lasciato qualcosa dentro, in un primo momento non le vuoi più vedere, ti fanno male i polsi, hai le vesciche, ti trema ancora tutto, ma dopo qualche giorno cominciano a mancarti, senti come un richiamo e ti vedi già in sella alla bici pronto ad entrare a tutta in un settore e menare come se non ci fosse un domani!