Il demonio, the devil, le diable, el diablo, der teufel! Il diavolo può avere tanti nomi, ma per noi malati di ciclismo e amanti delle salite può assumere solo tre significati!
Il Demonio, o meglio El Diablo, può essere Chiappucci che vince una delle più belle Sanremo e attacca solitario verso Sestriere oppure potrebbe essere il mitico Didi Senft che vestito da diavolo ha accompagnato i nostri pomeriggi davanti alla televisione correndo con la sua forca sulle salite del Giro e del Tour.
Ma oggi siamo nel 2017, il buon Chiappucci non corre più da quasi vent’anni e l’inventore tedesco non fa più le sue comparsate a bordo strada, per cui il Demonio può essere soltanto uno solo: benvenuti all’inferno, benvenuti al Giro del Demonio!
L’idea viene dal mitico Max Bigandrews, una delle menti più prolifiche del ciclismo dal basso, ideatore di innumerevoli notturne e raduni ciclistici semi-improvvisati, un pozzo di idee che fa del Demonio il suo fiore all’occhiello.
Un tappone di montagna tremendo, una sfida su tutte le più ripide salite della Brianza e del Triangolo Lariano da affrontare il Sabato più vicino all’equinozio di primavera, una morte lenta, un’agonia straziante, in poche parole un vero e proprio calvario.
Sarebbe inutile cercare di capire perchè sessanta persone si sono trovate a Triuggio alle 06:00 per prendere parte a questa follia, eppure siamo lì, un caffè, una brioche, qualcuno azzarda un montenegro e una sambuca perchè ha mangiato la pasta a casa, matti!
Foto di rito che sembra quella dei condannati a morte prima di essere fucilati e si parte su e giù per le colline brianzole fino al primo strappo di Belsedere.
Siamo in un bel gruppetto, per cercare di non restare subito da solo cerco di spingere più del dovuto in salita, vado un po’ fuori ritmo e già sulla salita di Giovenzana comincio ad accusare il colpo, bene, ma non benissimo. I Pops mi attendono e saliamo ancora verso il paese fantasma di Consonno, strade deserte, le prime luci del mattino, il silenzio di un progetto andato in fumo e abbandonato a se stesso, un posto fuori dal normale.
Divertente picchiata a Olginate, ancora su verso Galbiate e poi un break di qualche decina di chilometri fino al primo ristoro di Pusiano, siamo al sessantesimo chilometro e ci vuole una coca-cola e una manciata di orsetti gommosi come Sagan insegna!
Tra una cazzata e un insulto a Max per il percorso assassino rimontiamo in sella, dico agli altri di andare per la loro strada, liberi tutti, comincia il mio Demonio in solitaria e per questioni di sopravvivenza cominciano i tagli preventivati.
Evito quindi le salite di Castelmarte e Caslino e mi dirigo subito verso la Conca di Crezzo, una strada bellissima in un angolo che sembra tagliato fuori dal mondo.
L’asfalto si inerpica ripido a fianco del torrente, il silenzio è incredibile e da metà salita in poi la vista sulla Grigna è spettacolare, così come il paese semi-deserto che si incontra poco più avanti.
La discesa è altrettanto bella, si ritorna verso la strada principale e il percorso dice di girare a destra verso il Ghisallo, salire ancora più su fino a Piani Rancio e poi da Civenna chiudere l’anello tornando al Ghisallo!
Faccio un rapido calcolo sulla media oraria e tengo presente il fatto che voglio assolutamente fare il Muro di Sormano, la decisione è presa, si salta l’anello, all’incrocio vado a sinistra e riprendo a salire subito verso Caglio.
A metà salita mi supera a velocità doppia il gruppetto dei Fulgenzio Tacconi, forse ci si vede in cima, forse, se non ci metto tutto il pomeriggio ad arrivare. Fortuna che la strada per Caglio sale abbastanza dolcemente, me la faccio con tutta la calma del mondo, nella mia testa c’è un semplice ragionamento: mi risparmio qui per dare tutto sul muro!
Peccato però che all’inizio del muro ci siano nelle gambe già 6 ore di pedalata, 90 chilometri e 2350 metri di dislivello, considerato che ho tagliato non è male!
Comincia il mostro, la prima e ultima volta che l’ho fatto era l’estate del 2012, pesavo decisamente meno ed ero sicuramente più in forma di adesso, ma questo poco importa, non mi fa paura, posso farcela, devo farcela!
Il ritmo è di circa dieci pedalate al minuto, ogni duecento metri mi fermo, sicuramente farei prima a scendere e spingere, ma sono testardo, voglio farlo tutto in sella, non me ne frega un cazzo di quanto ci metto.
Altri duecento metri, il tornante, qualche foto a questa splendida lingua di asfalto che ha fatto la storia del ciclismo, manca poco, vedo Max all’ultima curva, ma potrebbe benissimo essere un’allucinazione. “Cazzo questo è Gio!” dice, un attimo dopo sparisce, la sofferenza è totale e accetto ben volentieri la spintarella con palpeggio per qualche decina di metri.
Manca davvero poco, ma sono esausto e devo fare la tredicesima pausa a pochi metri dall’arrivo. Ebbene si, mi sono fermato tredici volte nei circa due chilometri del muro, potrebbe benissimo essere un record!
Un cucciolone (ormai eletto gelato ufficiale) non me lo leva nessuno e mentre sto addentando lo strato al cioccolato ecco che arrivano i Pops e Matteo, giù la bici e tutti al bar per una birra strameritata.
E mentre siamo seduti con la birra sul tavolo pensando a chi mai potrebbe vincere la Sanremo io ripenso alle mie tredici pause in meno di due chilometri, voglio dire, riuscireste a fare di meglio?
Okay, mi sono riposato, però adesso sono indeciso sul da farsi, non so se scendere verso Como e fare il percorso originale oppure tornare indietro, raggiungere Erba e poi riprendere la traccia da Monguzzo.
I Pops mi invitano a seguirli nella prima opzione, vorrebbe dire 75 km e altri 1000 e passa metri di dislivello, ma considerato che non riesco a stare al loro passo vorrebbe dire arrivare abbondantemente dopo le 20:00 a destinazione e non ho proprio voglia.
Vado quindi di opzione numero due, saluto Matteo aka Spirito Randagio e i bergamaschi e scendo passando per Sormano e ripercorrendo a ritroso la strada fino a Pusiano. Da qui mi dirigo verso sud sugli ultimi venti chilometri della traccia originale che affronta le salite di Inverigo, Fornaci e quello stronzissimo muro dell’Orlanda.
Sono quasi arrivato, le gambe sono a pezzi e anche un leggero falsopiano diventa una salita insormontabile, il cartello di Triuggio significa che manca un chilometro e finalmente ecco il rettilineo finale con la birra media ad aspettarmi!
Che giornata, un giro spettacolare e nonostante le salite con pendenze in doppia cifra non siano esattamente adatte ai miei 95 kg continuano a farmi godere un sacco!
Partecipare al Demonio significa anche ricevere in regalo il cappellino e tutta questa fatica che abbiamo fatto porta in cambio una donazione libera all’Associazione Sorriso Onlus, alla fine ci siamo divertiti e abbiamo pure dato una piccola mano a chi non è così fortunato da potersi divertire soffrendo in sella a una bicicletta.
Il Demonio oggi ha avuto la meglio, non sono riuscito a portare a termine il percorso completo, ma poco importa, il buon Max ha creato una cosa fighissima e nonostante dopo qualche giorno le gambe facciano ancora male sono certo che l’anno prossimo sarò nuovamente sulla linea di partenza.
Ecco, magari parto un po’ prima così mi porto avanti, perché l’anno prossimo voglio essere io a mettere il Demonio al tappeto!