Destinazione con i miei al campeggio Toblachersee di Dobbiaco in Alta Val Pusteria a pochi chilometri dal confine austriaco, punto nevralgico di piste ciclabili e mia base d’appoggio per i giri che ho in mente.
Arriviamo sabato pomeriggio, tre giorni a disposizione e un piano d’attacco che se il tempo regge dovrebbe spaccare in tutti i sensi, il primo giro in vetta al Rifugio Auronzo proprio sotto le Tre Cime di Lavaredo, il secondo accoppiata Falzarego e Giau e per finire il temuto Fedaia seguito a ruota dall’epico Pordoi, insomma un po’ di salita è da fare!
TRE CIME DI LAVAREDO
Si parte direttamente dal campeggio, bellissima ciclabile sterrata fino al bivio per Cortina e poi prendo la statale che porta verso Misurina, si sale dolcemente fino a poco prima del lago, da qui la famosa svolta a sinistra, il cartello del Rifugio Auronzo e con le gambe riscaldate da questa prima parte di ascesa comincia la vera salita, quella tosta, quella che ti spezza in due.
Subito pendenze vertiginose, ma il tratto è breve, c’è subito una contropendenza ingannevole a dir poco, già perchè una volta superato il casello non si scherza più, ma proprio per niente!!! Gli ultimi 4 km sono all’11.7% di pendenza media, la strada è libera da traffico, pochi ciclisti e qualcuno a piedi, forse loro vanno più veloce di me, anzi senza il forse.
Si prendono quasi 500 metri di dislivello in 4 km e quando la strada spiana significa essere al 10% di pendenza, la ruota davanti che sbarella e il contachilometri che segna una velocità sotto i 5 km/h non aiutano, quello che però aiuta tanto è il paesaggio, le Tre Cime che ti lanciano la sfida, 1 km, punte del 19%, due francesi mi sorpassano, il sorpasso più lungo della storia, uno spagnolo cerca di parlarmi, ma è davvero un’impresa, 500 metri, breve stop, prendi fiato, agganci il pedale e via per l’ultima rampa fino ad appoggiare la bici alla roccia, il Rifugio Auronzo proprio sotto, qualche battuta con i compagni di avventura, il fiatone la fa da padrone e le Tre Cime ascoltano!
Il bello del giro però deve ancora arrivare, sotto le Tre Cime c’è un sentiero sterrato e dall’alto mi pare abbastanza battuto e fattibile con la One Hundred Black, ci provo, e mai scelta fu più azzeccata. A parte il fatto di quanto è figo fare gli sterrati con una bici del genere, ma il panorama lungo questo sentiero e fino al Rifugio Lavaredo è unico e da apprezzare in tutta lentezza, spettacolo per gli occhi e per la mente (si usa dire così no?).
Ma il bello poi e tornare indietro, prima lo sterrato, una coca-cola ghiacciata e poi in picchiata verso Misurina e se in salita le pendenze si facevano sentire, beh in discesa è una libidine, zero auto, curve tagliate e presa bassa, frenata e poi piega da paura, anche qui la One Hundred Black non le lascia a dire!!!
Una volta a Misurina faccio un salto al lago e già che ci sono decido di raggiungere il Passo Tre Croci che da questo versante è davvero breve e pressochè insignificante, niente di indimenticabile.
Prima di riprendere la discesa verso Dobbiaco devio lungo l’altro versante del lago, anche qui strada sterrata su e giù, un aggiustamento all’inclinazione della sella e poi picchiata pedalata verso il campeggio con un breve stop al cimitero di guerra di Sorgenti, dove qualche centinaio di croci ricordano i caduti della prima guerra mondiale. Come primo giorno non c’è niente da dire, ho capito subito che le Dolomiti hanno un fascino unico e spettacolare!!!
FALZAREGO & GIAU
Partenza da Cortina dopo una trentina di chilometri in auto, non ho nemmeno l’interesse ad entrare in paese per cui imbocco subito la via per il Passo Falzarego, forse non molto famoso, ma si rivela ben presto una strada prima nel bosco e poi con la Tofana di Mezzo a farla da padrone sulla sinistra.
La salita in sè non è particolarmente difficile, una delle più lunghe della zona, ma con pendenze sempre nella normalità per cui si riesce ad andare su senza troppi problemi.
Così dopo poco più di un’oretta e mezza sono in vetta ai 2109 metri del passo, a destra si sale verso il Passo Valparola mentre a sinistra si scende verso la Selva di Cadore, ma non c’è da correre, per cui un po’ di riposo sulla panchina, una coca-cola in una mano e un kit-kat nel’altra prima di buttarsi nella lunga discesa.
Discesa molto bella paesaggisticamente parlando, poco traffico e quindi più libertà nell’impostare le curve, al bivio devo prendere per Selva di Cadore, lasciando le indicazioni per la Marmolada per il giorno successivo, ma qui la sorpresa di dover salire per qualche chilometro, maledette contropendenze!
Prima di affrontare il temutissimo Passo Giau decido di mangiarmi un panino e ripartire, il Giau mi è rimasto impresso quest’anno al Giro d’Italia, dall’elicottero il paesaggio era davvero notevole e un po’ come la Bonette dell’anno scorso era un passo che ormai era nella lista delle cose da fare.
Sono 10 km al 9% di media, 26 tornanti, sembra corto ma può diventare infinito, ma per fortuna proprio all’inizio della salita affianco un cicloviaggiatore francese partito dal Lago di Ginevra e impegnato a fare tutto l’arco alpino fino a Trieste. Una parola tira l’altra e alla fine condividiamo tutta la salita chiacchierando del più e del meno, dei nostri viaggi e di quelli che sono per ora ancora sogni, il fatto è che lui non sembra avere intenzione di fermarsi mai, al che dopo 7 km ininterrotti di salita me ne esco con “I’ll have a little rest to recharge the batteries!!!” e lui “Okay, I usually stop every 3 or 4 km!”, ma dimmelo prima no!
Parte comica a parte con la sua mountain bike andava su che era un piacere, bagaglio che minuscolo è dire poco mi precede di qualche metro in vetta, il Nuvolau dietro di noi, il cartello proprio lì davanti e una foto da tenere tra i cimeli, anche il Giau è spianato!
Saluto il mio nuovo amico e legata la bicicletta salgo verso il massiccio del Nuvolau, chi mi vede camminare mi guarderà un po’ male, beh dopo due salite le gambe son quel che sono e me ne sbatto abbastanza, ma sicuramente i gradoni da fare sono dolori!
Una volta alla bici affronto un’altra bellissima discesa, tutta in mezzo al bosco, curve e controcurve in rapida successione e la sensazione che da questo versante il Giau possa essere ancora più bello, piccola rampa verso Pocol e gli ultimi chilometri verso Cortina con la soddisfazione massima di superare una serie di macchine da sborone in coda!
Insomma, il Giau che aveva un significato particolare non ha tradito per nulla le splendide aspettative!
Fedaia & pordoi
Ultimo giro di questo trittico dolomitico, e che giro oserei dire!!! Due passi storici, due salite che hanno fatto la storia del Giro d’Italia fin dai tempi di Coppi e Bartali, due salite diverse in tutto ma belle allo stesso modo, un giro super pure questo.
Parcheggio la macchina a Livinallongo ed è subito discesa fino a Caprile da dove comincia la salita del Passo Fedaia, l’inizio è tranquillo, si sale, ma nemmeno troppo violentemente, capisco subito che sarà un susseguirsi di cambi di pendenza e so bene che li soffro abbastanza.
Giunto al bivio per i Serrai di Sottoguda prendo la stretta strada in mezzo al paese, pago, ebbene si, i 2€ per attraversare queste meraviglie della natura e all’ombra della gola scavata nella roccia si sale fino a Malga Ciapela. Un nome esotico, un nome che rimane nella memoria, un nome che quando lo pronunci ti riempie la bocca, ma non tanto per il nome, quanto per quello che sta a significare, da Malga Ciapela in poi non si ha più respiro, 5 km e mezzo durissimi e la crisi nera è dietro l’angolo!
Crisi completa, non è una crisi di fame, ma proprio di gambe che non ne vogliono sapere, non mi resta che fermarmi ogni tanto, ma che fatica arrivare in cima, la Marmolada la vedo, mancano 2 km e qualche tornante, si vede dove la strada spiana, l’obiettivo è arrivare là, per scoprire che non spiana per niente, ultimo chilometro pazzesco quando invece dovrebbe essere quello meno duro, non mi perdo d’animo e arrivo in cima abbastanza cotto, foto di rito e sosta mangereccia con cioccolato, coca-cola, panino e gatorade, una botta di vita che mi rimette in sesto, pronto a scedere verso Canazei e ad affrontare il mitico Pordoi.
Prima però costeggio tutto il lago con il ghiacciaio della Marmolada a dominare il paesaggio, picchiata non eccessivamente lunga verso Canazei e poi i 13 km del Pordoi.
Il Passo Pordoi è la mia salita, lunga il giusto, pendente il giusto, pedalabile e costante, è davvero la salita ideale e devo dire che avevo dei pregiudizi su questa salita, insomma non mi affascinava come altre, invece devo ricredermi perchè il gruppo del Sella davanti e il Sass Pordoi con la Forcella Pordoi che spunta quando si lascia il bosco sono davvero incredibili, una salita che non mi aspettavo così bella è sempre una bella sorpresa!
In cima il sole si nasconde dietro le nuvole, la foto al monumento di Coppi è d’obbligo, il paesaggio del Sass è fenomenale, come fenomenale sono i 15 km di discesa che mi separano dall’auto, una libidine sapere che da qui in poi basta qualche pedalata per arrivare a destinazione.
Che dire, anche oggi un giro stupendo, la cornice della Marmolada e del Sella, la crisi e la ripresa sul secondo passo, di tutto e di più in un posto pazzesco, è ufficiale, le Dolomiti spaccano!