La seconda prova de Il Trittico quest’anno si sposta al primo weekend di Giugno e i ragazzi de La Popolare Ciclistica hanno fatto le cose in grande e non riesco a smettere di ringraziarli per la splendida giornata che ci hanno regalato.
La giornata comincia con la sveglia delle 07:00 in un appartamento di Bergamo, in camera con me ci sono Matteo e Pasquale, ovvero la delegazione fiorentina dei Cicloidi, mentre nell’altra camera dormono Mic e Vitto e vista l’ora partono subito le madonne!
Colazione, il sacro rituale della vestizione, pit-stop naturali a turno, riempitura delle borracce, pompaggio gomme, non è stato facile, ma in qualche modo ce la facciamo a scendere in strada per le 08:40. Saliamo in sella e ci spariamo a cannone i circa otto chilometri che ci separano dalla partenza nel piazzale del Velodromo di Dalmine, ebbene si, si parte e si arriva in un velodromo quest’anno!
Molti sono già partiti e sotto il sole cocente lascio il mio autografo nella casella numero 87 che è il mio anno di nascita, ma potrebbe essere anche il mio peso forma ideale. Foto di rito al Garibaldi, foto di gruppo, immancabile selfie con l’unicorno in maglia rosa e si può partire, è tardi, sarà lunga, sarà dura e sarà uno spettacolo!ù
L’inizio è scoppiettante, il gruppo è numeroso e si pedala in tranquillità, nonostante sia soltanto l’inizio sappiamo tutti che ogni metro è buono per salvare la gamba.
Meno di dieci chilometri e siamo sul primo tratto sterrato, non è un muro, ma il fondo sconnesso lo rende comunque complicato ed è solo l’inizio perchè subito dopo arriva il pavè di Via Lochis e qui ci si diverte per davvero! Questi sono i miei muri, un po’ perchè sono in pavè, un po’ perchè io sono fresco come una rosa.
Siamo a Mozzo e questo significa sempre e soltanto una cosa: l’accoppiata malefica Castello di Mozzo e Via Astino! La prima è breve e bastarda seguita da un tratto in discesa e una strada sterrata che conduce alle porte di Bergamo. La seconda, invece, tocca il chilometro ed è tutta in ciottolato con una vista spettacolare sulla città bassa. Sulla destra c’è un corridoio in lastroni su cui tutti tentano di pedalare, ma non è così banale mantenersi in equilibrio!
Una volta in cima si prosegue ammirando le bellezze della Bergamo nascosta, la discesa su quello che l’anno scorso era il muro di Via Fontana è il preludio ad una salita in pavè che quest’anno ha fatto la sua simpatica comparsa nel percorso.
In molti conoscono il Pascolo dei Tedeschi, in pochi però sanno che esiste la più affascinante variante di Rizzolo del Pascolo, cinquecento metri di sofferenza completamente immersi nel bosco seguiti subito dopo dallo strappo di San Sebastiano. Fortuna che tra uno e l’altro c’è una fontanella e si può rifiatare un attimo, non siamo nemmeno a 30 chilometri e la stanchezza si fa già sentire!+
Discesa veloce sulla ciclabile di Via Ramera, doppio tornante ravvicinato e lasciamo momentaneamente Bergamo per spostarci verso Sorisole, in mezzo, per non farci mancare nulla, ci troviamo a scalare la perfida Via Torre, forse non memorabile, ma di sicuro non aiuta a sciogliere le gambe.






Il muro successivo dovrebbe essere Via Casnidelli, ma complice un buco tra i gruppetti che si sono creati abbiamo sbagliato la svolta e prima di accorgermi mi sono trovato a dover scalare subito quel fottuto muro di Via Libertà!
Ed è proprio un bene che questa strada si chiami Libertà, perchè una volta in cima ti senti proprio libero di mandare a quel paese gli ideatori di questo percorso assassino. A quel paese con tanto amore, ovviamente!
L’errore di percorso non compromette il giro, una volta in cima riesco tranquillamente a tornare sulla traccia corretta, ecco quindi che è la volte della Maresana!
Lo scorso anno questo anello l’avevamo fatto al contrario, oggi la salita la prendiamo dall’altro lato e la salita è divisa in due, prima Via Maresana e poi Croce dei Morti, nel mezzo un leggero falso piano. Gli altri mi aspettano in cima, gli dico di andare, perchè qui la vedo veramente grigia.
La strada comincia a buttarmi giù, scelgo di andare su senza forzare, non mi alzo sui pedali, non ho il fiato per tenere quel ritmo a lungo, vado seduto, comincio a zig-zagare, mi fermo, respiro, riparto. La sequenza si ripete una, due, tre, quattro volte, finalmente spiana!
Attraverso il parco giochi, le persone con due dita di cervello arrivano qui in macchina, fanno il picnic, si riposano all’ombra. A noi le cose semplici non piacciono, amiamo sputare l’anima su pendenze impossibili, amiamo l’acido lattico nelle gambe, il fiato corto, amiamo il caldo asfissiante che sale dall’asfalto, le gocce di sudore che attraversano la fronte, rallentano sul naso e imbevono le labbra lasciandoci quel gusto salato sulla punta della lingua!
La Croce dei Morti è degna del suo nome, il buon Vitto viene in mio soccorso, mi appoggia la mano sulla schiena e cerca di darmi una mano, si è preso pure degli insulti per questo gesto, ma che dire, se l’ha fatto è perchè mi ha visto proprio male! Mitico Vitto, se non ci fossi dovrebbero inventarti.
Dopo i Morti ci tocca una ripidissima discesa e subito dopo faccio la doppietta (spingendo) su Via Libertà!
La cosa curiosa è che su Strava ci ho messo meno quando ho spinto al secondo passaggio che quando l’ho fatta in bici poco prima, spettacolo!
Prima di giungere ad Alzano ci tocca una rapida deviazione verso il muro di San Rocco, famoso per lo slalom dei ciottoli e per la scelta di costruire una strada in questa maniera pressochè assurda, effettivamente sarebbe stato un delitto non percorrerla!
San Rocco è però niente in confronto al mostro che ci attende, quel mostro che ho saltato l’anno scorso, quel mostro che risponde al nome di Lonno.
Trentotto anni fa perfino i Clash cantavano Lonno Calling, oggi tocca a noi! I Pops hanno pure fatto i bastardi quest’anno e hanno piazzato il ristoro in cima e questo mi sembra un ottimo motivo per salire!
Guardo l’ora, sono le 13:45, la salita misura circa 4 km per 380 metri di dislivello, vuol dire una pendenza media di poco inferiore al 10%, vuol dire 45 minuti di agonia.
Qualunque foto non rende l’idea della durezza di questa strada, diffidate di chi dice che è pedalabile, che ci sono i tornanti che alleviano la fatica e che in alcuni tratti fa respirare.
Il Lonno è un inferno, una morte lenta e straziante, il Lonno è sostanzialmente un bastardo! Ma questo ci piace, d’altra parte non siamo troppo registrati.
Sotto il sole cocente e sull’asfalto ruvido le pause sono frequenti, un po’ si spinge, un po’ si pedala e finalmente arrivo al ristoro!
Un po’ di riposo all’ombra, una fetta di pane con la marmellata, un’albicocca, mezza arancia, una zolletta di zucchero alla vodka, acqua, tanta acqua, un sorso di birra e poi ancora in sella, di strada ne manca ancora un sacco!
Discesa lunga, c’è tempo di riposare un attimo prima delle salite in successione di Via Maffioli e Valpredina nei dintorni del Colle dei Pasta, una zona per me nuova e mai affrontata prima. Il gruppo è andato, non ho le forze per spingere nei lunghi tratti in falso piano, mi stacco inesorabilmente, ma forse è un bene, posso andare tranquillo al mio ritmo.
La solitudine comunque dura poco, infatti mi raggiunge Ilaria, anche lei ha perso il suo gruppetto e decidiamo di proseguire insieme verso lo strappo di Via Loreto. La strada è in cemento, sconnessa, ci provo, ma dopo 100 metri desisto, si fa prima a spingere!
Arrivati alla curva vediamo una strada sulla sinistra, consultiamo il Garmin e decidiamo di abbonarci la seconda parte del muro e ritornare in traccia più avanti, pur sempre in salita, ma sicuramente più dolce di quella che ci propinava la traccia originale.
Mentre siamo fermi a riempire le borracce ci raggiunge un altro gruppo e procediamo insieme fino a Bergamo, mancano solo quattro muri, tre veri e una passerella, ma adesso anche un misero cavalcavia sarebbe letale!
Il primo muro è la Boccola, salita storica affrontata più volte dal Lombardia e anche dall’ultimo Giro d’Italia. Si parte tranquilli, si passa sotto la Porta di San Lorenzo, sul pavè le pendenze si inaspriscono e non mollano più fino alla fine!
Il tratto in piano dura pochissimo, giusto il tempo di attrarre gli sguardi attoniti dei turisti seduti all’ombra e di quelli seduti ai tavolini della gelateria, pensano che siamo dei pazzi, forse hanno ragione! Anzi, senza il forse.
Dopo il suggestivo passaggio sotto la Porta Sant’Alessandro si svolta subito a destra, la direttissima per San Vigilio l’anno scorso era chiusa per lavori, quest’anno è aperta e non poteva stare fuori dal percorso. Lo strappo è lungo 400 metri al 17% di pendenza media, il fondo è in pavè, a sinistra ci sono i lastroni che alleviano un po’ il dolore e in alcuni punti è stato necessario usufruire di questa scappatoia!
In 400 metri mi sono fermato ben tre volte: pedala, soffri, fermati, respira, riparti, pedala, soffri, fermati, respira, riparti! Una volta in cima c’è un piacevole tratto in discesa, ripassiamo sotto la Porta Sant’Alessandro e nuovamente in discesa sui ciottoli di Via Borgo Canale per poi svoltare bruscamente a destra sui sassi di Ripa Pasqualina, la vera e propria goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Il resto del gruppetto se n’è andato, sono solo, ma non importa, voglio cercare di farla in sella, ma le mie gambe sono davvero andate, non ne ho più! Scatto qualche foto, poi scendo e spingo fino a ritrovare l’asfalto di Via Sudorno che mi riporta alle mura della Città Alta.
Manca soltanto un muro, manca soltanto il ciottolato di Via Sant’Alessandro, l’ultima fatica prima della picchiata finale. Lo strappo per fortuna si prende dall’incrocio con Via Tre Armi, pertando non si percorre tutta la salita, ma solo l’ultimo tratto, quello più panoramico.
Chissà come mai i Pops si sono mostrati così buoni nel finale, l’ipotesi più probabile è che la traccia sia stata sabotata all’ultimo e non si siano accorti della modifica, non è da voi cari Pops!
Una volta sotto la splendida Porta San Giacomo capisco di avercela fatta, mancano poco meno di dieci chilometri e sono tutti in leggera discesa, ma ho le gambe talmente cotte che non ho voglia di spingere, credo che 15 km/h possano andare benissimo, risparmio la gamba per la volata finale.
L’arrivo si avvicina, il momento che aspettavo da mesi è quasi arrivato, eccolo il velodromo, ecco i Pops che accolgono i martiri di Asteria, rampa di ingresso nell’anello e tutta la fatica scompare, i peli delle braccia e delle gambe si rizzano, ebbene si, ho la pelle d’oca!
Ho sofferto come un porco tutto il giorno, ho visto tante di quelle madonne che ho perso il conto, dopo 117 chilometri e 2400 metri di dislivello sono entrato qui, da solo, il velodromo tutto per me, un’emozione unica!
Sarei andato avanti a girare all’infinito, poi però mi hanno detto che fuori c’erano birra e pasta e non ho saputo resistere al richiamo dell’alcool e dei carboidrati, i due elementi fondamentali per una sana ripresa delle forze perdute!
Poco dopo arrivano anche Maddi insieme a Marti e Anto, per pochi minuti si sono persi il mio arrivo nel velodromo, a saperlo prima avrei rallentato un po’ di più!
I reduci di Asteria si riconoscono da lontano, qualcuno è ancora in tenuta ciclistica, altri si sono cambiati e profumati, ma il segno dell’abbronzatura e la velocità con cui sparisce la birra dai bicchieri che hanno in mano sono segni inconfondibili. Tra risate e abbracci partono tre birre e un gin tonic, decisamente l’atmosfera perfetta per chiudere una giornata meravigliosa sulle note rock di Trevisan e dei più piccoli che si divertono con i percorsi e i giochi organizzati da Pedalopolis.
La Coppa Asteria e Il Trittico si confermano nuovamente come un evento unico e da non perdere e per questo dobbiamo ringraziare i mitici ragazzi de La Popolare Ciclistica senza i quali non ci sarebbe stato nulla di tutto ciò. Davvero grazie per l’incredibile passione che ci mettete condita da quel pizzico di pazzia che vi rende unici!