Ci voleva un giro che potesse spaccare per cominciare al meglio il nuovo anno, ci voleva anche la giusta giornata, beh devo dire che il tutto è stato spaziale!
L’anno scorso era scattata l’idea del Befana Bike, un bel giro dei colli della Brianza, quest’anno, purtroppo, un re magio era in Argentina (Albe) e l’altro per cause di forza maggiore non poteva pedalare (Paolo), indi per cui il Befana Bike non era stato pensato. Ma la voglia di saltare sulla One Hundred Black nell’inverno lombardo era troppo alta, venerdi pomeriggio mi sono deciso, vado da solo! Dove vado?! Bella domanda.
La prima opzione era un giro classico verso l’Adda, ma visto il meteo e le temperature che davano in montagna mi sono convinto, vado a scalare il Morterone che ho sempre sentito e non ho mai fatto. Ma quando poi dalla cartina ho visto quella strada sterrata che dalla vetta della Forcella di Olino portava al Culmine di San Pietro nel cervello è scattato il solito embolo!
Sveglia tranquilla, carico la macchina e in un’oretta scarsa sono a Ballabio, all’imbocco della Valsassina appena sopra Lecco. Scarico tutto, mi copro per bene e comincia subito la salita.
Tempo un chilometro e il windstopper finisce nella borsa, è l’inizio di Gennaio e sto pedalando con la nuova maglia di lana merinos a maniche lunghe, una maglietta da bici sopra, pantaloncini corti e i gambali (combinazione preferita alla salopette invernale).
La strada è di quelle che piacciono un sacco al sottoscritto e alla mia bici, stretta, con quella brecciolina che scricchiola sotto la ruota, senza parapetto e con un panorama sulla città di Lecco e la Pianura Padana da lasciare senza fiato. Guardando bene in lontananza si riescono a scorgere le Alpi piemontesi completamente innevate e più vicino i paesi della pianura immersi purtroppo in una leggera foschia.
Il primo tratto del Morterone è un susseguirsi di tornanti con pendenze onestissime, faccio un sacco di foto perchè il panorama e i colori che ci sono fanno davvero paura e non manco di tirare fuori la calza della Befana che ho trovato sul tavolo stamattina prima di uscire!
Dopo circa 6 chilometri la strada si butta tra le montagne, il sole illumina il versante della montagna esaltando il giallo degli alberi che in questo tratto si limitano a bassi arbusti, ma dopo lo scollinamento nel tratto in contropendenza ci si immerge fino alla Forcella di Olino in un bosco di faggi da cui filtra il sole invernale.
Arrivo in cima alla Forcella e decido di scendere fino al paese di Morterone, il secondo comune più piccolo d’Italia, una cosa come trenta abitanti.
Sulla sinistra vedo la deviazione sterrata che dovrei percorrere dopo, al di là della sbarra c’è un po’ di ghiaccio, primo pensiero “Figata!”, secondo pensiero “Cosa faccio? Vado lo stesso di offroad nonostante la neve?”.
Ho tempo per pensarci lungo i due chilometri fino al paesello, scendo in tutta tranquillità, comincia ad esserci neve nei prati, arrivo davanti alla trattoria, un pick-up parcheggiato davanti, finestrini abbassati e il Best Of 1990-2000 degli U2 a tutto volume, Until the End of the World prima e poi Electrical Storm, canticchio e mi mangio un po’ di bresaola prima di tornare indietro!
Tornato al punto di prima non ci penso neanche un secondo, aggiro la sbarra, sgancio il pedale utilizzandolo dal lato senza attacco in modo da essere libero di mettere il piede a terra e via sulla parte di strada con meno neve. Certo, meno neve, ma foglie e sassi non piccoli a rendere difficoltoso l’avanzamento! In più le pendenze sono notevoli, allo sterrato sconnesso si alternano soprattutto all’inizio, dei tratti in cemento spaccagambe.
Sono esaltatissimo, chi mi conosce sa quanto godo a fare con la One Hundred Black questo tipo di strade, anche brevi tratti sterrati, sconnessi, sconosciuti, quelle strade che tutti evitano perchè difficili, quei settori dove sei tu, la tua bici e la strada!
Salgo ancora un po’ sempre in mezzo ai faggi e facendo scorrere i copertoni su un letto di foglie alternato a pezzi innevati, a volte riesco a superarli in velocità dove la neve è più sciolta, altre volte sono costretto a scendere e spingere onde evitare di finire per terra.
Dall’altra parte vedo il rifugio del Culmine di San Pietro, la strada effettua una specie di U e dopo il primo tratto in cui si sale un bel po’, nella seconda parte è un continuo saliscendi, duecento metri in sella e cento spingendo sulla neve, finchè la strada non gira e il Resegone mi si stampa in faccia insieme ad un vento gelido, sono quasi giunto alla fine.
Incrocio tre ragazzi che camminano, quello in mezzo mi scatta una foto, li saluto e noto le facce abbastanza stupite nel vedere una bici con assetto da corsa (ma ci tengo a precisare che non lo è affatto) arrivare da quella strada, mi scappa un sorriso!
Vedo il rifugio vicinissimo, riesco a pedalare su un leggero strato di ghiaccio senza far slittare la ruota e superata la sbarra arrivo finalmente sotto il cartello del Culmine di San Pietro che già a Luglio dell’anno scorso era stato GPM dopo il San Marco!
Si è alzato un vento bello tosto e abbastanza freddo, d’altra parte, siamo a 1260 metri ed è Gennaio, ci può anche stare direi, ma nonostante non lo soffra particolarmente non è proprio una furbata rimanere in vetta.
Mi mangio l’ultimo pezzo di cioccolato e scendo in picchiata, soffro come qualche mese fa le due contropendenze nei due paesi che si incontrano e in poco tempo raggiungo la statale della Valsassina dove mi ritrovo un traffico intenso che in queste ore avevo completamente dimenticato!
Da qui mancano una manciata di chilometri a Ballabio, ultimo strappetto per il parcheggio e bello stanco appoggio la bici alla siepe, il cervello effettua un veloce rewind della giornata e l’unica cosa che mi passa per la testa è: “Che figata di giro!”.